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DEL BECCARIA xlix

pensatori e filosofi; anzi parrebbe far poco onore a tutto il ministero, il vedersi prevenuti dagli esteri nella stima dovuta agl’ingegni. A ciò si aggiunge, che la considerazione usata ai talenti degli individui nazionali eccita gli uni dal letargo e dal torpore, e scioglie gli altri dal discoraggiamento.” In altra lettera poi del 21 maggio dello stesso anno nuovamente insiste “sulla necessità di conservare nel paese un ingegno atto ad ispirare eguale spirito ed amore per gli studi filosofici alla gioventù pur troppo aliena dalle occupazioni serie, occupandosi quella d’Italia per lo più nella sola triviale giurisprudenza del foro destituita d’ogni erudizione? o di studi frivoli, i quali, se pure servono alla coltura dell’ingegno, nulla però conducono all’emendazione dell’intelletto.”

Desiderando pertanto la corte di Vienna di non perdere totalmente il Beccaria, ma non volendo d’altra parte impedirgli un’occasione d’illustrarsi nella carriera politica e filosofica, gli permise l’andata a Pietroburgo, colla condizione però che dovesse ripatriare. Ma siccome esso veniva stimolato a stabilire la costante sua dimora in quella città, e tale era l’intenzione di chi ve l’avea fatto invitare, egli preferì di rimanersi in patria, al che senza dubbio l’avranno indotto e l’amore che portava al suolo natale, e le lusinghiere parole del primo ministro, le quali davano ragionevolmente a sperare che si avrebbe avuto per lui alcun riguardo. Di