Pagina:Beccaria - Opere, Milano, 1821.djvu/47


DEL BECCARIA xli


Noi non parleremo nemmeno degli scrittori i quali in non piccolo numero cercarono di confutare il Beccaria sia nella totalità del libro Dei Delitti e delle Pene, sia in alcuna parte di esso e specialmente intorno all’inutilità della pena di morte sostenuta dal N. A.1. Ci basti il citare ciò che Alessandro Verri scriveva al fratello in data del 22 luglio 1780. “Ho veduto un libro d’un avvocato di Torino contro i Delitti e le Pene. Queste critiche sono l’incenso il più grato della vera celebrità. Non si parla dei cattivi libri: la dimenticanza è il peggio2.”

Per mettere fine a ciò che riguarda questo trattato, non è da tralasciarsi che a quest’ora ne vennero fatte circa trenta edizioni italiane: che la traduzione francese di Morellet venne stampata parecchie volte in Francia ed altrove3, e che inoltre vi sono tre altre traduzioni in quella lingua, di cui una pubblicata in questo stesso anno (1821) dall’avvocato

  1. In Milano, p. e., venne pubblicato il libro che ha per titolo Apologia della giurisprudenza romana, e Note critiche al libro dei Delitti e delle Pene, e che sebbene non porti nome d’autore, si sa essere stato scritto dal professore Giudici: come pure l’altro Della pena di morte, opera del dott. Paolo Vergani famigliare d’un cardinale e poscia prelato romano.
  2. Lettere inedite nell’archivio Verri.
  3. La migliore ristampa della traduzione di Morellet si è quella del 1797, più volte da noi citata, la quale venne pubblicata per cura del celebre Roederer. In essa si aggiunsero in forma di note le osservazioni fatte da Diderot sul libro dei Delitti e delle Pene.