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DEL BECCARIA xxxix

vero autore dell’opera di cui parliamo. Da principio v’ebbe chi tratto in error dalla premura che il conte Verri prese nella composizione, nella stampa e nella difesa di essa, credette ch’egli medesimo ne fosse l’autore. Che se oltre all’aver il Verri medesimo nell’opere a stampa1 renduto pubblico omaggio al Beccaria, come all’autore del libro Dei Delitti e delle Pene, oltre al vedersene l’autografo presso il figlio del Beccaria medesimo, si volessero aggiungere prove ulteriori ad una cosa che è tanto evidente per se stessa, noi potremmo dire, siccome tutto ciò ch’esponemmo intorno all’autore di quello scritto ed alla maniera colla quale venne composto, sia ripetuto nell’interessantissimo e voluminoso carteggio fra i due fratelli Pietro ed Alessandro Verri, che incomincia dal 1766, e viene sino al 1797, il quale noi avemmo il comodo di esaminare.

Dagli stessi inediti, ma irrefragabili documenti mostrasi parimenti la falsità di quanto spacciò il Linguet ne’ suoi Annali politici e letterari, intorno al libro Dei Delitti e delle Pene, quindici anni dopo la sua pubblicazione. Quel mordace scrittore pretese che gli Enciclopedisti francesi suggerissero l’opera col mezzo d’una lettera di Condorcet al P. Frisi; che tutti i membri della società del Caffè ricusando quest’incarico, il solo Beccaria avesse la temerità d’addossarselo; che l’opera spedita a Parigi venne trovata

  1. Meditazioni sull’Economia politica. Livorno, 1778, pag. 148. Storia di Milano, tomo primo, pag. 193.