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DEL BECCARIA | xxix |
vi sono trattate con brevi e franchi modi, i quali convincono repentinamente l’animo di chi legge, mentre che si spiegano nella mente di lui colla maggiore compitezza e limpidità. Non v’ha poi dubbio alcuno che il libro del Beccaria non fosse il primo d’alta e libera filosofia il quale comparisse in Italia: negli stessi paesi d'oltremonte non erasi ancora veduto nissuno scritto il quale contenesse tante verità in ciò che riguarda la scienza del diritto criminale. Alcuni lampi? per vero dire, brillavano nello Spirito delle leggi, nel Contratto sociale, e in qualche autore inglese: la tortura era già stata riprovata da alcuni uomini maggiori del loro secolo, ma niuno fino a quel tempo aveva saputo ridurre in così breve spazio e dimostrare con evidenza incontrastabile quelle umane massime che dovevano formare col tempo le norme della legislazione penale, e produrre nelle leggi criminali la riforma richiesta dal progresso dell’incivilimento.
Noi dobbiamo confessare, per amore della verità, che non tutto quello che trovasi nel libro del Beccaria è al coperto d’ogni taccia ragionevole. La pena di morte non è ella realmente nè utile nè necessaria? Le nozioni di virtù e d’onore sono nel fatto oscurissime? e si cambiano assolutamente colle rivoluzioni del tempo ed a seconda dei fiumi e delle montagne? Il marchese di Lally1, per esempio,
- ↑ Biog. univ. l. c.