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DEL BECCARIA xxvii

Beccaria lasciato soggiogare dalla sua inerzia. Ecco quanto egli scriveva dalla sua villa di Gessate a Pietro Verri sotto il giorno 13 dicembre 1764, mandandogli alcune aggiunte all’opera di cui parliamo: «I motivi che mi adduci per incoraggirmi a proseguire nella mia carriera, sono tanto più gloriosi per me, quanto partono da un amico sincero. Assicurati che sono lontanissimo dalle matematiche, e che la premura di conservarmi la tua sti ma, e di somministrare sempre nuovo alimento alla nostra amicizia, mi anima di più che la gloria stessa. alla quale sola, se io fossi abbandonato, tu sai che per indolenza vi anteporrei l’oscurità1

La delicatezza delle materie sostenute nel libro Dei Delitti e delle Pene trattenne il N. A. ed i suoi amici dall’avventurarsi a pubblicarlo nella nostra città. In Toscana, mercè l’illuminato governo di Leopoldo, godevasi molta libertà nel fatto della stampa, e specialmente la libreria Coltellini di Livorno dava in luce libri che non si sarebbero impressi in nissun’altra parte d’Italia. Il manoscritto venne perciò mandato il dodici aprile dell’anno 1764 in quella città al sig. Giuseppe Aubert, direttore della stamperia suddetta, il quale avea già dato fuori le Meditazioni del conte Verri sulla felicità, ed ivi fu stampato2. Nel luglio ne giunse a

  1. Lettera inedita nell’archivio Verri (V. la lettera di Beccaria a Morellet, 1. c.
  2. Nella serie delle edizioni del libro Dei Delitti e delle Pene compilata dal figlio dell’autore, e che va