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xxvi VITA

pene. Egli meditava lunga pezza prima di porre in carta il suo concetto: quindi cercava di eccitare nella sua mente una certa quasi ebrietà, nel fervore della quale gli uscivano dalla penna quei passi pieni di sentimento e di forza che si leggono in ogni sua opera. Dopo però avere scritto ciò che aveva nella testa, talora pentivasi, correggeva, cancellava, e finalmente in breve spazio di tempo sentivasi abbattuto: la stanchezza impossessavasi di lui, ne più era in istato di proseguire nel lavoro. Allora egli leggeva ai compagni quello che aveva composto, e lo lasciava presso l’amico Pietro Verri, il quale si prendeva la briga di ricopiarlo diligentemente1. Per tal modo nacque il libro Dei Delitti e delle Pene che, incominciato nel marzo del 1763, ricevette il suo compimento nel gennaio del 1764. Il continuo stimolo degli amici fu quello che fece perseverare il N. A. nel proposito: forse senza di essi si sarebbe il

  1. Traité des Délits et des Peines etc., pag. xlviii. Di tutto quanto abbiamo qui narrato fece inoltre testimonio il cav. Alessandro Verri in una sua lettera del 16 aprile 1803 diretta all’abate Isidoro Bianchi autore dell’Elogio di P. Verri. (V. pag. 140 e segg. dello stesso Elogio). Nell’archivio di casa Verri havvi un esemplare da noi veduto dell’opera Dei Delitti e delle Pene tutto di mano del conte Pietro Verri con alcune correzioni di carattere del Beccaria, il quale è pienamente conforme alla prima edizione. In calce all’esemplare medesimo stanno le note cronologiche relative alla composizione ed alla stampa del libro da noi riportate. Presso il marchese Giulio Beccaria, figlio dell’autore, havvi poi l’autografo scritto su schede separate, che noi abbiamo parimenti esaminato.