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xxii VITA

la cabala quando parla la ragione, ma si vergogna la cabala stessa di continuare il suo giuoco in faccia d’un popolo che ha ascoltata la ragione.»

Abbiamo già osservato più sopra come questi illustri giovani che sostennero la quistione delle monete, mal soffrissero il letargo di mente nel quale giacevano i più dei nostri concittadini verso la metà dello scorso secolo. Ma la miglior maniera per diffondere comunemente le utili cognizioni, toglier dagli intelletti le opinioni preoccupate, si è quella della pubblicazione dei giornali letterari. Egli è perciò che per far gustare le idee filosofiche anche al popolo che non ama leggere di proposito libri voluminosi, i fratelli Verri e il marchese Beccaria uniti al celebre matematico P. Paolo Frisi, a Luigi Lambertenghi ed altri coltivatori de’ sodi studi, deliberarono di comporre un giornale in cui trattare delle materie di filosofia senza apparato scolastico, e con semplice ed elegante varietà. Dal giugno 1764 al giugno 1766 venne pubblicato questo giornale col titolo bizzarro del Caffè, fingendosi che in una bottega di caffè si radunassero appunto gli autori che lo scrivevano. Essi però solevano raccogliersi nella casa del conte Pietro Verri, il quale era in certo modo il centro della loro unione. Sommo onore derivò ai giovani compilatori da questo giornale, e per verità è mirabile com’essi vi parlassero di astruse e difficili cose, talora con metodo scientifico e più spesso con amenità, cercando ad un punto d’ampliare il dominio della ragione e di abbattere i pregiudizi. Egli