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DEL BECCARIA xvii


Giunta appena in Milano l’operetta del N. A., il marchese Carpani, che vi si vedeva indirettamente confutato, lo assalì pel primo con una tabella volante mandata fuori sul finire di luglio. Senza punto prendersi briga de’ principii generali dimostrati dal Beccaria, il Carpani volle far vedere con quella tabella, che il primo aveva dato nelle sue tavole alle monete un valore che non corrispondeva alla proporzione fra i metalli da lui adottata, cioè a quella di 1:14½. Replicò tosto il Beccaria con un altro foglio volante in cui si rilevava un paralogismo commesso dal suo avversario.

Per verità nelle tabelle del Beccaria era corso un equivoco grandissimo. Nel dare il valore alle diverse monete, egli aveva supposto eguale di peso il grano usato nelle varie zecche, lo che punto non era in fatti. A farlo cadere in questo errore aveano contribuito l’opere del presidente Neri e del conte Carli, nelle quali non era chiaramente avvertita questa differenza. Il conte Pietro Verri poi ha lasciato scritto in alcune sue memorie da noi vedute1 ch’esso

  1. Il conte Pietro Verri fece legare in un tometto tutte le scritture relative all’opera di Beccaria sulle monete di cui parliamo, e su ciascuna di esse pose alcuni brevi cenni ed osservazioni, una delle quali è quella qui citata. Detta raccolta ci venne graziosamente mostrata dal conte Gabriele Verri figlio del conte Pietro, il quale ci diede pure il comodo di consultare altri manoscritti che da lui con somma diligenza si conservano, e di cui facemmo uso nello scrivere le presenti notizie.