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DEL BECCARIA xiii

sostiene che nello stabilire il valore delle monete, non si deve considerare che la pura quantità di metallo fino, nissun conto facendo nè della lega, nè delle spese di monetaggio, nè della maggior raffinazione di alcune monete ec.

Dagli accennati teoremi cava il Beccaria i convenienti corollari; e dopo aver mostrato siccome chi pubblica tariffe non calcolate sul vero e reale valore delle monete faccia lo stesso danno di colui che le falsa, scende nella seconda parte della sua dissertazione ad applicare i principii universali al caso della Lombardia. Toccata di volo la cagione che diè principio al disordine delle monete nel nostro paese, ch’egli fa coeva alla perdita del commercio lombardo, prova che le tariffe in allora veglianti peccavano contro tutti e tre i teoremi da lui esposti nella prima parte del suo scritto, cercando poscia di stabilire con diverse tavole il vero intrinseco valore di ciascuna moneta tanto d’oro, quanto d’argento. Per porre dunque un argine all’abuso introdotto, accennata l’insussistenza dei rimedi suggeriti da taluni, propone egli gli opportuni spedienti, desumendoli dalle citate massime teoriche. Essi consistono primieramente nel costruire una tariffa in cui la stessa quantità d’oro e d’argento abbia lo stesso valore in ogni moneta: ed in secondo luogo nello stabilire, essere la giusta proporzione fra l’oro e l’argento come uno a quattordici e mezzo1. Siccome poi la

  1. Questa proporzione è quella che veniva indicata