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e delle pene 115

quella comanda un continuo sacrifìcio di se stesso a un idolo vano, che si chiama bene di famiglia, che spesse volte non è il bene di alcuno che la compone; questa insegna di servire ai propri vantaggi, senza offendere le leggi, o eccita ad immolarsi alla patria col premio del fanatismo che previene l’azione. Tali contrasti fanno che gli uomini si sdegnino a seguire la virtù, che trovano inviluppata e confusa, e in quella lontananza che nasce dalla oscurità degli oggetti sì fisici che morali. Quante volte un uomo, rivolgendosi alle sue azioni passate, resta attonito di ritrovarsi malonesto! A misura che la società si moltiplica, ciascun membro diviene più piccola parte del tutto, e il sentimento repubblicano si sminuisce proporzionalmente, se cura non è delle leggi di rinforzarlo. Le società hanno, come i corpi umani, i loro limiti circonscritti, al di là de’ quali crescendo, l’economia ne è necessariamente disturbata. Sembra che la massa di uno stato debba essere in ragione inversa della sensibilità di chi lo compone; altrimenti crescendo l’una e l’altra, le buone leggi troverebbono nel prevenire i delitti un ostacolo nel bene medesimo che hanno prodotto. Una repubblica troppo vasta non si salva dal dispotismo, che col sottodividersi, e unirsi in tante repubbliche federative. Ma come ottener questo? Da un dittatore dispotico che abbia il coraggio di Silla, e tanto genio di edificare, quant’egli n’ebbe per distruggere. Un tal uomo, se sarà ambizioso, la gloria di tutti i secoli lo aspetta; se sarà filosofo, le benedizioni de’ suoi cittadini lo consoleranno della perdita