incominciò dallo stabilire tre teoremi, nei quali tutto si comprende quanto si riferisce alla moneta. Nel primo teorema dimostrò che un’eguale quantità di metallo deve corrispondere ad un egual numero di lire, cioè che la tariffa la quale fissa il valore delle monete deve essere invariabilmente appoggiata al peso ed alla bontà delle monete di cui si vuole determinare il prezzo, seguendo in giusta proporzione le loro variazioni. Nel secondo teorema disse, che come il totale d’un metallo circolante è al totale dell’altro; così una data parte d’un metallo deve essere ad un’egual parte dell’altro metallo. Con ciò intese il Beccaria di affermare che, nel dare il valore alle monete di metallo differente, si deve avere per unica guida la proporzione che passa fra i diversi metalli nel valore che viene loro attribuito dal consenso delle nazioni, almeno europee. Giustissima è la conseguenza che l’autore tragge da questo teorema, ma forse l’esposisione non ne è del tutto esatta, giacchè la proporzione del valore fra i metalli non risulta solamente dalla proporzione delle masse che sono in commercio, ma ancora da altri vari elementi, come dimostrano i moderni scrittori d’economia. Siccome però il Beccaria ritiene che per ottenere il dato della proporzione non sia punto necessario il calcolare le masse dei metalli possedute dai differenti popoli, ma solamente coll’osservare nelle loro tariffe qual pregio diano, per esempio, all’oro sopra l’argento, prenderne poi il valor medio; la conseguenza, come dicevamo, rimane inconcussa. Finalmente l’autore nel terzo teorema