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e delle pene 107

ereditari pregiudizi li reggono, dove la domestica potestà li combina e gli scioglie, ivi la galanteria ne rompe secretamente i legami, ad onta della morale volgare, il di cui officio è di declamare contro gli effetti, perdonando alle cagioni. Ma non vi è bisogno di tali riflessioni per chi vivendo nella vera religione ha più sublimi motivi che correggono la forza degli effetti naturali. L’azione di un tal delitto è così istantanea e misteriosa, così coperta da quel velo medesimo che le leggi hannovi posto (velo necessario, ma fragile, e che aumenta il pregio della cosa, invece di scemarlo) le occasioni così facili, le conseguenze così equivoche, che è più in mano del legislatore il prevenirlo, che correggerlo. Regola generale: “In ogni delitto, che per sua natura dev’essere il più delle volte impunito, la pena diviene un incentivo.„ Ella è proprietà della nostra immaginazione, che le difficoltà, se non sono insormontabili, o troppo difficili rispetto alla pigrizia d’animo di ciascun uomo, eccitano più vivamente l’immaginazione; ed ingrandiscono l’oggetto, perchè elleno sono quasi altrettanti ripari che impediscono la vagabonda e volubile immaginazione di sortire dall’oggetto; e costringendola a scorrere tutti i rapporti, più strettamente si attacca alla parte piacevole, a cui più naturalmente l’animo nostro si avventa, che non alla dolorosa e funesta, da cui fugge e si allontana.

L’attica venere così severamente punita dalle leggi, e così facilmente sottoposta ai tormenti vincitori dell’innocenza, ha meno il suo fondamento su i bisogni dell’uomo isolato e libero,