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DEL BECCARIA ix

in un esilio.” Il coraggio che è proprio dell’età fervida, ed il desiderio di giungere al possedimento delle filosofiche verità poteano soli indurre quei compagni ad abbracciare uno studio dal quale in Milano non doveano essi allora aspettarsi che disgusti e sprezzo. La giurisprudenza municipale era l’unica strada che conducesse alle cariche dello stato, le quali erano tutte occupate da gente di toga. I Milanesi d’ogni condizione languivano per la più parte in un certo volontario torpore d’ingegno, pel quale la loro compagnia doveva riuscire poco gradita a coloro che di già avevano valicate le barriere da cui erano circoscritte le scienze in Lombardia.

Il maggiore dei Verri erasi particolarmente applicato allo studio della politica economia, il quale poscia gli aperse il cammino a cariche luminose, e gli procacciò un chiaro posto fra gli scrittori di quella materia. Anche il Beccaria vi si adoperava intorno col profitto ch’egli voleva fare in ogni cosa a cui ponesse attenzione. Avrebbe egli bramato un pubblico impiego, massime che, uscito per alcune circostanze domestiche della casa paterna, dovea provvedere alle occorrenze della propria famiglia1. Pietro Verri, che amavalo come fratello2, lo persuase a porsi in vista di chi aveva in mano la somma degli affari dello stato collo scrivere alcuna cosa che si riferisse alla scienza politica.

  1. L. c., pag. xlv.
  2. L. c., pag. xlviii.