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e delle pene | 81 |
Finalmente alcuni pensarono che la gravezza del peccato entrasse nella misura dei delitti. La fallacia di questa opinione risalterà agli occhi di un indifferente esaminatore dei veri rapporti tra uomini e uomini, e tra uomini e Dio. I primi sono rapporti di uguaglianza. La sola necessità ha fatto nascere dall’urto delle passioni e dalle opposizioni degl’interessi l’idea della utilità comune, che è la base della giustizia umana; i secondi sono rapporti di dipendenza da un Essere perfetto e creatore, che si è riserbato a se solo il diritto di essere legislatore e giudice nel medesimo tempo, perchè egli solo può esserlo senza inconveniente. Se ha stabilito pene eterne a chi disobbedisce alla sua onnipotenza, qual sarà l’insetto che oserà supplire alla divina giustizia, che vorrà vendicare l’Essere che basta a se stesso, che non può ricevere dagli oggetti impressione alcuna di piacere o di dolore, e che solo tra tutti gli esseri agisce senza reazione? La gravezza del peccato dipende dalla imperscrutabile malizia del cuore: questa da esseri finiti non può senza rivelazione sapersi: come dunque da questa si prenderà norma per punire i delitti? Potrebbono in questo caso gli uomini punire quando Iddio perdona, e perdonare quando Iddio punisce. Se gli uomini possono essere in contraddizione coll’Onnipossente nell’offenderlo, possono anche esserlo nel punire.
Beccaria 6