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e delle pene 67

ai quali convengono il ridicolo e l’infamia, pene che frenano l’orgoglio dei fanatici coll’orgoglio degli spettatori, e dalla tenacità delle quali appena con lenti ed ostinati sforzi la verità stessa si libera. Così forze opponendo a forze, ed opinioni ad opinioni, il saggio legislatore rompe l’ammirazione e la sorpresa del popolo cagionata da un falso principio, i ben dedotti conseguenti del quale sogliono velarne ai volgo l’originaria assurdità.

Le pene d’infamia non debbono essere nè troppo frequenti, nè cadere sopra un gran numero di persone in una volta: non il primo, perchè gli effetti reali e troppo frequenti delle cose di opinione indeboliscono la forza dell’opinione medesima; non il secondo, perchè l’infamia di molti si risolve nella infamia di nessuno.

Ecco la maniera di non confondere i rapporti e la natura invariabile delle cose, che non essendo limitata dal tempo, ed operando incessantemente, confonde e svolge tutti i limitati regolamenti che da lei si scostano. Non sono le sole arti di gusto e di piacere, che hanno per principio universale l’imitazione fedele della natura; ma la politica stessa, almeno la vera e la durevole, è soggetta a questa massima generale, poichè ella non è altro che l’arte di meglio dirigere e di rendere conspiranti i sentimenti immutabili degli uomini.