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56 | dei delitti |
alcuna di distruggere un cittadino, se non quando la di lui morte fosse il vero ed unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti; secondo motivo per cui può credersi giusta e necessaria la pena di morte.
Quando la sperienza di tutt'i secoli, nei quali l’ultimo supplizio non ha mai distolti gli uomini determinati dall’offendere la società, quando l’esempio dei cittadini romani, e vent’anni di regno dell’imperatrice Elisabetta di Moscovia, nei quali diede ai padri dei popoli quest’illustre esempio, che equivale almeno a molte conquiste comprate col sangue dei figli della patria, non persuadessero gli uomini, a cui il linguaggio della ragione è sempre sospetto, ed efficace quello dell’autorità, basta consultare la natura dell’uomo per sentire la verità della mia asserzione.
Non è l’intensione della pena che fa il maggior effetto sull’animo umano, ma l’estensione di essa; perchè la nostra sensibilità è più facilmente e stabilmente mossa da minime, ma replicate impressioni, che da un forte ma passeggero movimento. L’impero dell’abitudine è universale sopra ogni essere che sente; e come l’uomo parla e cammina e procacciasi i suoi bisogni coll’aiuto di lei, così l’idee morali non si stampano nella mente che per durevoli ed iterate percosse. Non è il terribile ma passeggero spettacolo della morte di uno scellerato, ma il lungo e stentato esempio di un uomo privo di libertà, che divenuto bestia di servigio, ricompensa colle sue fatiche quella società che ha offeso, che è il freno più forte contro