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e delle pene 41


vi è nazione, non vi è età, che non citi i suoi; ma ne gli uomini si cangiano, nè cavano conseguenze. Non vi è uomo, che abbia spinto le sue idee al di là dei bisogni della vita, che qualche volta non corra verso natura, che con segrete e confuse voci a se lo chiama; l’uso, il tiranno delle menti, lo rispinge e lo spaventa.

Il secondo motivo è la tortura, che si dà ai supposti rei, quando nel loro esame cadono in contraddizione, quasi che il timor della pena, l’incertezza del giudizio, l’apparato e la maestà del giudice, l’ignoranza, comune a quasi tutti gli scellerati e gl’innocenti, non debbano probabilmente far cadere in contraddizione e l’innocente che teme, e il reo che cerca di coprirsi; quasi che le contraddizioni, comuni agli uomini quando sono tranquilli, non debbano moltiplicarsi nella turbazione dell’animo, tutto assorbito nel pensiero di salvarsi dall’imminente pericolo.

Dassi la tortura per discoprire, se il reo lo è per altri delitti fuori di quelli di cui è accusato; il che equivale a questo raziocinio: “Tu sei il reo di un delitto, dunque è possibile che lo sii di cent’altri delitti: questo dubbio mi pesa, voglio accertarmene col mio criterio di verità: le leggi ti tormentano, perchè sei reo, perchè puoi esser reo, perchè voglio che tu sii reo.„

La tortura è data ad un accusato per discoprire i complici del suo delitto; ma se è dimostrato ch’ella non è un mezzo opportuno per iscoprire la verità, come potrà ella servire