Pagina:Beccaria - Opere, Milano, 1821.djvu/123


e delle pene 37


è nuovo questo dilemma: o il delitto è certo, o incerto; se certo, non gli conviene altra pena che la stabilita dalle leggi, ed inutili sono i tormenti, perchè inutile è la confessione del reo; se è incerto, non devesi tormentare un innocente, perchè tale è, secondo le leggi, un uomo i cui delitti non sono provati.

Qual è il fine politico delle pene? Il terrore degli altri uomini. Ma qual giudizio dovremo noi dare delle segrete e private carnificine che la tirannia dell’uso esercita su i rei e su gl’innocenti? Egli è importante che ogni delitto palese non sia impunito; ma è inutile che si sveli chi abbia commesso un delitto che sta sepolto nelle tenebre. Un male già fatto, ed a cui non v’è rimedio, non può esser punito dalla società politica, che in quanto influisce su gli altri colla lusinga della impunità. S'egli è vero che sia maggiore il numero degli uomini che o per timore, o per virtù rispettano le leggi, che di quelli che le infrangono, il rischio di tormentare un innocente deve valutarsi tanto più, quanto è maggiore la probabilità che un uomo, a dati uguali, le abbia piuttosto rispettate che disprezzate.

Ma io aggiungo di più, ch’egli è un voler confondere tutt’i rapporti l’esigere che un uomo sia nello stesso tempo accusatore ed accusato; che il dolore divenga il crociuolo della verità, quasi che il criterio di essa risieda nei muscoli e nelle fibre di un miserabile. La legge che comanda la tortura, è una legge che dice: “Uomini, resistete al dolore; e se la natura ha creato in voi uno inestinguibile amor proprio,