Pagina:Beccaria - Opere, Milano, 1821.djvu/114

28 dei delitti


Fra gli altri abusi della gramatica, i quali non hanno poco influito su gli affari umani, è notabile quello che rende nulla ed inefficace la deposizione di un reo già condannato. Egli è morto civilmente, dicono gravemente i peripatetici giureconsulti, e un morto non è capace di alcuna azione. Per sostenere questa vana metafora molte vittime si sono sacrificate, e bene spesso si è disputato con seria riflessione, se la verità dovesse cedere alle formule giudiziali. Purchè le deposizioni di un reo condannato non arrivino ad un segno, che fermino il corso della giustizia, perchè non dovrassi concedere anche dopo la condanna, e all’estrema miseria del reo, e all’interesse della verità uno spazio congruo, talchè adducendo egli cose nuove che cangino la natura del fatto, possa giustificar sè, od altrui con un nuovo giudizio? Le formalità e le cerimonie sono necessarie nell’amministrazione della giustizia, sì perchè niente lasciano all’arbitrio dell’amministratore, sì perchè danno idea al popolo di un giudizio non tumultuario ed interessato, ma stabile e regolare; sì perchè su gli uomini imitatori e schiavi dell’abitudine fanno più efficace impressione le sensazioni che i raziocinii. Ma queste senza un fatale pericolo non possono mai dalla legge fissarsi in maniera che nuocano alla verità, la quale per essere o troppo semplice, o troppa composta, ha bisogno di qualche esterna pompa che le concili il popolo ignorante.

La credibilità dunque di un testimonio deve sminuirsi a proporzione dell’odio, o dell’amicizia, o delle strette relazioni che passano tra