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16 | dei delitti |
la pena giusta, più un’altra pena; dunque non può un magistrato, sotto qualunque pretesto di zelo o ben pubblico, accrescere la pena stabilità ad un delinquente cittadino.
La seconda conseguenza è, che il sovrano, che rappresenta la società medesima, non può formare che leggi generali che obblighino tutti i membri, ma non già giudicare che uno abbia violato il contratto sociale; poichè allora la nazione si dividerebbe in due parti, una rappresentata dal sovrano che asserisce la violazione del contratto, e l’altra dell’accusato che la nega. Egli è dunque necessario che un terzo giudichi della verità del fatto. Ecco la necessità di un magistrato, le cui sentenze sieno inappellabili, e consistano in mere asserzioni o negative di fatti particolari.
La terza conseguenza è, che quando si provasse che l’atrocità delle pene, se non immediatamente opposta al ben pubblico, ed al fine medesimo d’impedire i delitti, fosse solamente inutile, anche in questo caso essa sarebbe non solo contraria a quelle virtù benefiche che sono l’effetto d’una ragione illuminata che preferisce il comandare ad uomini felici più che a una greggia di schiavi, nella quale si faccia una perpetua circolazione di timida crudeltà, ma lo sarebbe alla giustizia ed alla natura del contratto sociale medesimo.