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gli umori di un giudice, che prende per legittima interpetrazione il vago risultato di tutta quella confusa serie di nozioni, che gli muove la mente. Quindi veggiamo gl’istessi delitti, dallo stesso tribunale puniti diversamente in diversi tempi, per aver consultato non la costante e fissa voce della legge, ma l’errante istabilità delle interpetrazioni.

Un disordine, che nasce dalla rigorosa osservanza della lettera di una legge penale, non è da mettersi in confronto coi disordini che nascono dalla interpetrazione. Un tale momentaneo inconveniente spinge a fare la facile e necessaria correzione alle parole della legge, che sono la cagione dell’incertezza, ma impedisce la fatale licenza di ragionare, da cui nascono le arbitrarie e venali controversie. Quando un codice fisso di leggi che si debbono osservare alla lettera, non lascia al giudice altra incombenza, che di esaminare le azioni de’ Cittadini, e giudicarle conformi o diffor-