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di morte, ha ciò che basta per rimuovere qualunque animo determinato. Aggiungo, che ha di più. Moltissimi risguardano la morte con viso tranquillo e fermo, chi per fanatismo, chi per vanità che quasi sempre accompagna l’uomo al di là dalla tomba, chi per un ultimo e disperato tentativo o di non vivere, o di uscir di miseria: ma né il fanatismo, né la vanità stanno fra i ceppi o le catene, sotto il bastone, sotto il giogo, in una gabbia di ferro; il disperato non finisce i suoi mali, ma li comincia.

L’animo nostro resiste più alla violenza ed agli estremi ma passaggeri dolori, che al tempo ed alla incessante noja: perchè egli può, per dir così, condensar tutto se stesso per un momento, per respinger i primi; ma la vigorosa di lui elasticità non basta a resistere alla lunga e ripetuta azione dei secondi. Colla pena di morte ogni esempio, che si da alla nazione, suppone un delitto; nella