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che al principio di questo secolo contrattò con lo straniero la vendita del principato.
Ben diverso da quello degli alti prelati le cui rendite sono di decine di migliaia fu il contegno del clero minuto, che nella lotta per l’autonomia seppe molte volte ribellarsi alle imposizioni politiche della corte vescovile.
Contro l’autonomia qui non ci posson essere che coloro che vivono come piante esotiche e parassitane, non coloro che qui sono nati e vissuti, e dal paese non solo ritraggono, ma ad esso danno sostentamento.
Questa condizione di cose ha fatto sì che ogni partito politico del Trentino, sostenuto, composto di elementi paesani, debba esser per necessità di cose autonomista.
Ed autonomista sarà tanto più schiettamente quanto meno sarà influenzato da elementi parassitari che in esso si abbiano ad infiltrare. A qual partito io alluda, ognuno capisce.
Appunto perchè ogni partito trentino è favorevole all’autonomia, io socialista, posso dir cose, esprimere a questo riguardo idee condivise da tutti, quantunque ci sieno anche ragioni peculiari per cui le masse operaie — costituenti il partito socialista — posson desiderare l’autonomia.
La classe operaia sente in doppia misura i torti che si fanno alla borghesia trentina. L’operaio soffre dovunque del suo stato di minorità di fronte alla borghesia; ma qui doppiamente soffre, perchè contro di lui sta una borghesia alla sua volta sfruttata da un’altra borghesia.
Le ragioni fondamentali per cui tutti i partiti paesani sentono di dover aspirare all’autonomia sono uguali. Io le voglio accennare rapidamente per soffermarmi poi con maggior agio ad una.
Ci sono ragioni storiche e di queste parlo non perchè riconosca ad esse un valore, ma per rispondere ad un’obiezione degli avversari.
Il Trentino ha sempre costituito da’ tempi romani fino al 1814 uno stato a sè, affatto indipendente dal Tirolo.
Gli avvenimenti di quell’anno lo hanno aggregato all’Austria