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L’industriale e il commerciante hanno qui rapporti e interessi differenti da quelli dei tirolesi; hanno da soddisfare a bisogni, a gusti differenti. Hanno come punto di partenza una ben diversa condizione di cose, un diverso sviluppo economico.

Il maestro non può adattarsi a regolamenti, a pratiche e a sistemi che possono magari esser ottime pei figli di Arminio e sono pessime per noi. Colla lingua abbiam differenti le qualità dell’ingegno, l’indole, il carattere: tutto quello che deve saper plasmare un maestro.

E l’operaio? Dannato il nostro all’emigrazione, stabile invece l’operaio tirolese. Bisognoso il nostro di leggi speciali, di protezione nei suoi dolorosi pellegrinaggi d’emigrazione, di cose che non pensano a darci i vicini del Nord.

Per ogni abitante di questa nostra terra, viva esso alla pianura, sui monti, nelle valli, sia ricco o povero, colto od analfabeta v’è qualche specifica ragione impellente che gli fa sospirare, desiderare l’indipendenza economica del proprio paese.

Bisogna esser elementi affatto estranei al paese, essere funzionari mandati qui d’altre regioni a governarci, come nel medio evo si mandavano i capitani di ventura (non parlo degli impiegati piccoli e medi che se anche estranei si immedesimano subito colla popolazione e sul magro bilancio delle loro famiglie sentono gli effetti dello sfavorevole ambiente economico in cui vivono), bisogna esser gente che non sa avvicinarsi al popolo, che vive solo nel mondo delle formalità burocratiche o inebbriata del potere di cui dispone, per non sentire uno stimolo a far causa comune con esso, a schierarsi con esso in difesa dei suoi diritti.

E questo spiega perchè l’alto clero e i vescovi, che in fin dei conti sono alti impiegati, si siano sempre pronunciati contro l’autonomia del Trentino, o nel migliore dei casi, pur avendo mezzi potenti per aiutarci, siano rimasti inerti, indifferenti.

La storia dei principi vescovi che tennero il principato trentino non è mai stata del resto la storia del popolo trentino.

E a chi non credesse al disprezzo che per l’indipendenza nostra ebbe la curia vescovile negli ultimi decenni, basterebbe ricordare il classico esempio del Principe Vescovo Pietro Vigilio