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elementi formanti la nostra popolazione; fu tale nel 1848; ora, per l’apatia delle classi dirigenti che si tennero troppo lontane dalle classi lavoratrici della città e della campagna, s’era ridotta a lotta di una sola classe, della classe dei privilegiati da quel complesso di leggi politiche vigenti in Austria, conservate qui nel cuore d’Europa, quale un museo vivente della barbarie medioevale.

Eppure, l’ottenere la cooperazione di tutte le forze trentine per la conquista della nostra indipendenza economica, non è, nè dovea esser nel passato, cosa difficile.

Astraendo da quelle ragioni, per cui ogni cittadino nel proprio interesse deve desiderare l’interesse, l’incremento, la prosperità della collettività a cui appartiene, qui vi sono cause speciali che ad ogni singola casta fanno apparire come direttamente utile la riforma del sistema amministrativo, che ci delizia. Dall’ultimo degli strati sociali al più elevato, dal piccolo possidente all’industriale, dall’artigiano all’operaio, dal commerciante al maestro, allo studente c’è per ciascuno una ragione peculiare a volere scosso il giogo dell’amministrazione tirolese.

Il contadino, piccolo proprietario, che vive stentatamente sudando sul piccolo campicello, non può adattarsi alle leggi fatte per la possidenza tedesca: studi pure il D.r Grabmayr il limite da porsi all’ipotecamento della piccola possidenza. Qui dove le ipoteche corrispondono al 200% del valore reale, non c’è più da studiar limiti.

D’altre cose varrebbe la pena di occuparsi: del modo di aiutare col credito il piccolo contadino, delle leggi contro la pellagra, una malattia che non sancisce l’unità della provincia perchè è solo nostra, tutta nostra. E son problemi che nel Tirolo, nel vero Tirolo non si conoscono.

Il possidente — grande e medio — che ritrae il sostentamento da culture che non prosperano nel Tirolo settentrionale, dall’allevamento dei bachi, dalla coltivazione della vite, non sa che farsene delle leggi fatte per la protezione dei «masi chiusi» dove il prato s’alterna col bosco e coi campi coltivati a cereali, e dove vige un sistema di eredità che è l’opposto di quello in uso fra noi.