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per fiori di liberaloni, ma i viennesi, i nostri compagni almeno, saranno forse cattive lingue, ci dicono che sono dei conservatori e della più bell’acqua, che pel suffragio universale si sono interessati ben poco, che hanno votato per le leggi eccezionali in Boemia, che hanno fatto parte molto premurosamente della coalizione, che sono delle nullità politiche, e che hanno una sola fortuna: di aver attorno a sè una popolazione che non può e non sa leggere i resoconti della Camera dei deputati; e che le poche notizie che essa conosce sono tutte storpiate e che a questa storpiatura contribuiscono molto i giornali ufficiali, ufficiosi e non ufficiosi, i quali non pubblicano se non quella parte che è favorevole al governo, o quella che salvaguarda i loro interessi di classe, così che non sarà mai possibile che la popolazione italiana dell’Austria possa farsi un vero concetto del come stanno le cose.
«Noi coi nostri occhi vedremo, con le nostre orecchie udremo e con la nostra penna.... riferiremo. — Non per niente ci siam trasportati a Vienna!
«E badate, l’andata degli italiani a Vienna era forse molto più difficile che l’andare a Roma. Molte ritrosie di vergine pudibonda si son dovute vincere; ma ormai le sculacciate dei nostri capoccioni non ci fanno paura e le vostre disperazioni più non ci commovono; ci commove al contrario molto più la miseria reale delle nostre popolazioni costrette a guadagnarsi ben duramente il loro tozzo di pane o a emigrare in lontane regioni per procurarsi una esistenza ancor più incerta, ci commove tutto quel analfabetismo, che ad onta dell’obbligo di frequentare le scuole sino a 14 anni avete mantenuto con la vostra indifferenza, ci commove tutta quell’ignoranza politica che avete nutrita colla vostra politica di frasi vuote, sicchè il povero lavoratore è oggi alla mercè del primo tirannello che gli sta contro o del primo liberalone cui riesce ostico il vedersi attraversata la strada, e perciò.... ci siam trasportati a Vienna».
I pochi numeri, che ad intervalli di quindici giorni, il partito nostro potè pubblicare a Vienna fecero sbalordire i nostri buoni borghesi e crediamo, anche i nostri signori procuratori di stato. Come mai, a Trento, era proibito di dire: siamo socialisti, siamo avversari del sistema di amministrazione provinciale tirolese, e a Vienna si poteva dir chiaro e tondo certe verità scottanti? Giammai gli italiani dell’Austria aveano potuto veder stampate dichiarazioni come queste sulla lotta nazionale in Austria: