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lo sviluppo delle regioni confinanti, fra la pesante legge militare austriaca e quella assai più umanitaria e razionale italiana, fra il regime di polizia e il regime di libertà, fra la trascuranza che l’Austria ha per gli emigranti e la provvida legge italiana sull’emigrazione.

Oggi la prova più eloquente dello stato d’animo della popolazione trentina è data dal grande numero degli arrestati per offese all’Austria e per sospetto di tradimento.

Fra essi prevalgono i contadini; come numerosissimi sono i contadini e gli operai fra i profughi riparatisi nel Regno, non solo per scampare alla barbarie austriaca, ma per compiere domani il proprio dovere di soldati d’Italia.

Tutto il Trentino freme oggi impaziente nella attesa della liberazione.

Sente d’esser degno di essa; sente che questa è la grande ora; sente che difficilmente potrebbe resistere più oltre contro l’opera imbastarditrice del governo e ai fratelli italiani lancia il grido: Ora o mai più!


Per noi e per l’Italia: guerra!


E mentre implora per sè l’aiuto, sente il dover ricordare agli italiani che non da ieri, nelle scuole, nella stampa, nelle caserme, nel Parlamento l’Austria vive meditando e preparando la guerra all’Italia. Solo l’imprevisto assassinio dell’Arciduca ereditario, odiatore implacabile degli italiani, riuscì a dare alle tendenze guerresche e antiitaliane dell’Austria non, come qualcuno s’illude, una direttiva differente, ma una differente attuazione cronologica. «Oggi si difende il monarca e la patria sui campi di Russia e di Serbia; domani la vendetta sarà contro la vile Italia». Queste parole con cui gli ufficiali salutano le truppe partenti non sono che l’inversione di quanto proclamavano ieri.

La «passeggiata militare a Milano» fu e rimane la frase preferita dell’ufficialità austriaca dietro cui sta in agguato tutto il teutonismo. Quando la catastrofe di