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della nazione, così le nazioni rappresentano un’affermazione di solidarietà già vastissima e il passo necessario verso l’unificazione dell’umanità.

Ci è lecito quindi concludere che le ragioni nazionali, che militavano per l’unità della nazione cinquant’anni or sono, resistono tutt’oggi; e a maggior ragione si impongono ora che l’effettuazione del programma nazionale italiano coincide con l’interesse della civiltà minacciata dall’egemonia militare teutonica e con la difesa delle patrie — Polonia, Serbia, Rumenia — che tendono ora a costituirsi e completarsi.


Ragioni militari e ragioni economiche.



Accanto alle supreme ragioni nazionali sussistono oggi intatte, come nel 1866, quelle di ordine militare ed economico.

Il Menabrea, plenipotenziario del Re d’Italia a Vienna durante i negoziati di pace svoltisi nell’ottobre del 1866, così scriveva al Minstro degli affari esteri a Firenze: «Gettando uno sguardo su una carta delle provincie venete si potrà convincersi che i confini attuali non saprebbero affatto rispondere alle esigenze di una buona frontiera. Su una gran parte del suo sviluppo il confine non segue le linee naturali come le cime dei monti e i corsi d’acqua. Le teste di parecchie piccole vallate che si aprono verso l’Italia e che hanno con l’Italia i loro rapporti naturali e necessari, si trovano al contrario unite a paesi dell’altro versante delle Alpi coi quali, il più spesso, esse non hanno comunicazione diretta. Io devo particolarmente citare tutta la frontiera che circonda questa parte d’Italia rimasta austriaca e che in Austria si designa impropriamente sotto il nome di Tirolo italiano, ma che è realmente nella sua più gran parte formata dall’antico principato di Trento e comprende inoltre il Comune di Rovereto e la Valsugana».