Pagina:Battisti, Il Trentino italiano, 1915.djvu/14


— 12 —

alle altre nazionalità, poche cattedre universitarie e l’autonomia del Trentino. L’Austria, accettando, avrebbe forse formato dei cittadini pacifici e soddisfatti di un governo straniero, come i nizzardi o i ticinesi.

L’Austria negò tutto. Escogitò invece nuove torture, nuove persecuzioni, e la sonnolenta Italia dovette ridestarsi all’udire i colpi del bastone tedesco, lacerante le carni dei fratelli italiani. Ma furono sobbalzi, furono sussulti momentanei. Da Roma si imponeva alla stampa, alla grande stampa di sopprimere ogni notizia d’oltre confine. La Triplice si rinnovava regolarmente. Passavano inavvertiti al pubblico italiano i rivolgimenti interni della monarchia, preannuncianti non lontane trasformazioni. La annessione austriaca della Bosnia Erzegovina, senza compensi per l’Italia, suscitava la nobile protesta di Alessandro Fortis, che era però dimenticata dopo ventiquattro ore. Solo negli ultimissimi anni alcuni giornalisti (le dita di una mano sono di troppe per contarli) dopo aver sentito per la centesima volta che gli studenti italiani erano bastonati a sangue, e i regnicoli sfrattati da Trieste e i cittadini di Fiume accusati di delitti commessi dalla polizia ungherese, e i trentini ferocemente burlati con la eterna promessa dell’autonomia, pensarono a esplorare le terre irredente, divenute per l’Italia terre ignote, come quelle che i cartografi antichi indicavano con la scritta: hic sunt leones, implicitamente affermando che eran terre nelle quali bisognava avventurarsi solo con grande circospezione.


Ragioni che impongono la liberazione del Trentino:

la suprema ragione nazionale.



L’annuncio della guerra dell’Austria alla Serbia, la conflagrazione terribile scatenatasi in tutta Europa hanno così trovato l’Italia moralmente (non altrettanto, per for-