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l’avvenire economico del trentino 195


Se si tiene inoltre conto di altre circostanze che qui sarebbe troppo lungo enumerarle (basti l’accenno alla recente legge austriaca sulla confezione del vino che di giorno in giorno vien soppiantando, a tutto beneficio della birra, il commercio dei vini ordinari), si capirà come un po’ alla volta dovesse penetrare nella coscienza del paese la convinzione che si era andati troppo avanti, spinti dal miraggio dei guadagni, nell’estendere la coltivazione della vite anche a terreni non adatti e in zone troppo elevate e a farne in qualche luogo quasi l’esclusiva risorsa. Oggi è la triste realtà che parla. L’industria enologica è in decadenza. Le grandi cantine cooperative sono in crisi e minaccian la chiusura; gli stabilimenti più antichi cercano di ridurre la loro attività; di nuovi non ne sorgono; e i prezzi di vendita delle uve, nella loro media, sono pel contadino appena appena rimunerativi.

I vini fini, i vini tipo continuano ad essere ben quotati; ma è la produzione maggiore, quella costituita da uve ordinarie che si acquisiscono di solito a Vienna, in Germania e in Svizzera per consumo immediato sotto forma di sidro, che stenta a trovar compratori.

E non si trascuri questo fatto: che molti commercianti trentini già da anni trovano conveniente servire la loro clientela tedesca con le uve che direttamente essi inviano dal Veneto, ove hanno eretto proprie filiali.

Si presenta perciò inevitabile nel Trentino, indipendentemente dalla questione politica, la graduale trasformazione della coltura del suolo.