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l’avvenire economico del trentino 179

pia, nè esportare la merce lavorata, cessarono una dopo l’altra. I lavori minerari si sospesero fra il 1860 e il 1870.

Altre cause disgraziatamente concorsero a questo disastroso crollo dell’industria trentina: i commovimenti politici che assorbirono le migliori attività ed energie, le terribili malattie del baco da seta contro cui nulla poteva allora la scienza, i frequenti disastri elementari, tutta una serie di flagelli scatenatisi proprio in quel momento in cui l’industria stava dovunque, mercè le grandi scoperte scientifiche, perfezionandosi, trasformandosi, ingrandendosi e avrebbe avuto bisogno di protezione, di intelligenze, di capitale. Protezione non si ebbe. Le intelligenze più vive dovettero emigrare per sfuggire all’oppressione austriaca; la guerra avea ingoiato uomini e capitali; e per ultimo il secolare e grandioso commercio di transito e di fiere importantissime nella valle atesina, che aveva sempre fatto affluire capitali ingenti, veniva di un colpo soppiantato dalle linee ferroviarie internazionali, rapidamente sviluppatesi in tutta l’Europa Centrale. L’agricoltura che vivea appoggiandosi all’industria della seta e al commercio di transito fu pure trascinata a rovina.

La barriera doganale costringeva il Trentino a rinunciare ai cereali della vicina vallata del Po e ad approvvigionarsi in Ungheria sottostando a enormi spese ferroviarie.

Il paese tutto fu piombato nella miseria più avvilente. Sentì tutta la dolorante verità del grido antico: Guai ai vinti!