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172 | al popolo italiano |
ceri di Mantova eroici giovani del mio Trentino; nel ’59 quando apparvero sulle colline di Brescia i Cacciatori dell’Alpe, fra essi, Garibaldi proclamava prode dei prodi Narciso Bronzetti; nel 1860 quando sul sacro suolo di Sicilia egli conduceva il glorioso manipolo dei Mille, fra quegli eroi v’erano i moschettieri dei Mille ch’eran figli di Trento, v’era Ergisto Bezzi, nostra gloria vivente; nell’anno di poi al Volturno era un altro Bronzetti, era Pilade, che col sacrificio della sua vita decideva le sorti di quella eroica giornata; e nelle guerre per la liberazione delle Marche e dell’Umbria, e nelle congiure del Veneto e nelle lotte di Valsugana e a Bezzecca erano a cento a cento i prodi della mia terra. Erano esercito, eran legione, quando Garibaldi pronunciò il famoso obbedisco. Eppure non domi, non vinti scesero ancora a dare il loro sangue alla patria. E furono a Villa Glori, a Monterotondo, a Mentana, a Porta Pia, e quando parve che la patria fosse finalmente unita e non era, e si vide che a spezzare l’incombente letargo v’era ancora bisogno di sangue, di sacrificio, di olocausto, Trento dava l’aiuto di un suo figlio — di cui speriamo che gli eventi ci permettano presto di svelare il nome — all’azione santa che dovea creare la pagina più pura, più bella della storia d’Italia: il martirio di Guglielmo Oberdan.
Per queste memorie, per questi sacrifici, per queste glorie che son glorie nostre, glorie vostre, glorie d’Italia, ricordatevi, o italiani, di Trento e Trieste.