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l’italianità del trentino e l’irredentismo italiano 165

trentini sudditi fedeli di Sua Maestà, riconoscano la provincia tirolese, non si perdano in inutili affermazioni nazionali ed otterranno dal Governo ogni beneficio». Il paese non si lasciò mai lusingare. Ben potè il Governo agire su qualche frazione e giovarsi per qualche momento dell’aiuto dell’alto clero o di qualche transfuga, seminator di discordie. Invano. La compattezza dei trentini non fu mai spezzata. I nomi di coloro che sostennero le più ardue battaglie per l’autonomia, nomi di patriotti come il Dordi, il Bertolini, il Mazzurana, di preti generosi, spesso in conflitto con la curia, quali don Salvadori, don Brusamolin, don Guetti, vivono oggi nella riconoscente memoria di tutto il popolo e son come i numi tutelari della patria. Seguendo il loro esempio, tutti i partiti rimasero fedeli al principio autonomistico, che voleva dir lotta al Tirolo e all’azione anti-italiana dei tirolesi e del Governo.

Con la annessione al Tirolo il Governo non riuscì mai a piegare il paese. Riuscì solo a impoverirlo, a dissanguarlo.

Ma il Governo, oltre all’azione comprimente e germanizzatrice dell’amministrazione provinciale, altre azioni escogitò e proseguì con accanimento.

Alla polizia fu affidato uno dei maggiori còmpiti. Con essa si dette la caccia ad ogni istituzione nazionale.

La stampa è stata sempre compressa. A Trento non si può pubblicare quel che si pubblica impunemente a Vienna o ad Innsbruck. I giornali di opposizione sono deliziati da decine di