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guerra di sangue, che potrà darsi il lusso di una grande guerra doganale.

Ma v’è un altro lato della questione che giova tenere presente: quello che riflette gli interessi simultanei di Trieste e del Regno. Il commercio triestino è del tutto differente da quello prevalente negli attuali porti d’Italia. Le maggiori relazioni dei porti del Regno sono con le Americhe, l’Inghilterra, la Francia, la Svizzera.

Il commercio triestino batte di preferenza altre vie: i Balcani, l’Egitto, l’Oriente. L’Italia ha con l’Egitto un commercio che si valuta a 89 milioni, ma quello di Trieste è di 322 milioni; l’Italia traffica con la Grecia per 20 milioni, Trieste per 62. E così dicasi della Bulgaria, della Turchia asiatica ed europea, ecc.

Trieste per la sua postura e per le sue tradizioni si presenta come il porto più adatto per conquistare commercialmente all’Italia tutte le regioni dell’Adriatico liberate dal giogo ottomano, come per esser tramite di congiunzione con quei nuovi granai del mondo che stanno ora sviluppandosi nelle vaste regioni percorse dall’Eufrate e dal Tigri.

In quest’opera utile a sè, e all’Italia, Trieste porterebbe il concorso delle sue linee di navigazione, della sua organizzazione commerciale, della sua clientela.

Altrettanto avverrebbe di Fiume che presenta condizioni analoghe a quelle di Trieste.

Ripete taluno, senza ben ponderare, la vecchia storia di rivalità possibili fra Trieste e Venezia. Ma ormai non vi è più motivo di com-