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126 | al popolo italiano |
la madre patria, la Serbia, vincere superbamente la Turchia, affermarsi come grande nazione, assicurarsi un avvenire fiorente ed hanno compreso che anche per loro la civiltà e il progresso saranno possibili solo nell’unione coi fratelli del sangue.
Così tutte le nazionalità che prima vivevano indifferenti e rassegnate e si lasciavan guidare dalle cricche feudali dell’impero sono oggi pervase da sentimenti di ribellione.
Ora quest’Austria — da cui tutti i popoli cercan di fuggire, come si fugge la lebbra — non è più il cuscinetto pacificatore, non è un guanciale propizio ai sogni e ai sonni delle grandi razze, è semplicemente un organismo malato in stadio di dissolvimento e di putrefazione. Putrefazione che non può lasciare indifferenti gli italiani, giacchè l’Italia non può, non deve esser condannata al martirio di San Massenzio: di quel santo che fu condannato a portar strettamente legato a sè un morto, finchè il morto riusciva, con l’infezione sua, con la sua putredine, a uccidere il vivo. L’Italia deve tener da sè ben disgiunto il corpo canceroso dell’Austria.
D’altronde è proprio vero che le grandi razze per viver tranquille abbian bisogno di aver in mezzo un cuscinetto? Anche il Belgio doveva fungere da cuscinetto fra Germania e Francia e il cuscinetto se n’è andato in fiamme.
Per far cessare le ragioni dell’odio e dello sciovinismo, le ragioni della prepotenza, occorre il trionfo della giustizia nazionale, occorre che al posto di Stati artificialmente uniti, vi sieno