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trento, trieste e il dovere d'italia 111

dapest — il Parlamento è l’anticamera della galera.

Voi vedete dunque come in questo Stato, quello che altrove ha giovato a portare un po’ di luce e di giustizia, non ha recato alcun beneficio. Mi si domanderà allora come mai ci siano nell’Austria-Ungheria dei partiti democratici, come ci sieno delle falangi operaie organizzate, come vi sieno dei socialisti e possa pur sempre ancora persistere un congegno così feudale che rispecchia il potere assolutistico dei tempi anteriori alla rivoluzione francese. Per un semplice fatto: che questo Stato congloba in sè dieci differenti nazionalità, che i Governi di Vienna e di Budapest hanno adoperato tutte le astuzie per mettere queste nazionalità l’una in lotta feroce contro l’altra; che le condizioni dello Stato variano immensamente dalle pianure della Galizia al porto di Trieste, dalle alpi del Trentino ai granai dell’Ungheria; e sopra questo miscuglio di genti diverse e di diversi interessi domina quello strumento di forza che è il militarismo, stretto in connubio col clericalismo e con la nobiltà cui sono riservati innumerevoli privilegi.

A cozzare contro questa tirannia una e trina ci vorrebbe la rivoluzione interna; ma la rivoluzione la fanno i fratelli, la fanno coloro che si amano, non la possono fare popoli di diverse razze, di diverse religioni, di diverse indoli, di diverse idee e di diversi interessi.

I vari popoli dell’Austria possono aver comune il programma di domani: quello internazionale, umanitario. Ma non hanno comuni gli