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trento, trieste e il dovere d'italia 109


C’è una costituzione. Leggendone i singoli capitoli potreste credere che essa sia migliore, più liberale della costituzione di molti altri paesi civilissimi.

Vi è affermato il diritto alla libertà di pensiero, alla libertà di parola, di confessione; vi è affermato il principio che pareggia tutte le nazionalità dello Stato, il principio che non ammette differenza fra slavi, italiani, polacchi, boemi, ecc. Ma la realtà è un’altra. La costituzione è una burletta. Chiunque sul suolo austriaco, sulle terre italiane dell’Austria osi dire liberamente il suo pensiero, trova subito il poliziotto che lo denuncia, la spia che lo calunnia, il giudice che lo condanna.

È proibito leggere Carducci; la storia d’Europa dopo il 1815 deve esser non solo non commentata ma neppur narrata; le teorie del positivismo costituiscono un crimine, come crimine è ogni critica allo Stato. L’eguaglianza delle nazionalità, teoricamente sancita, si risolve di fatto nel dominio più sfacciato del tedesco, del magiaro e dello slavo sull’italiano. Unica legge è l’arbitrio del forte contro il debole.

Tutto questo perchè? Perchè della costituzione ha valore un solo paragrafo: quello che permette di distruggere da un momento all’altro ogni diritto, di affidare i poteri dell’impero in mano alla Corte, alla nobiltà, all’alto clero e di dirigere la barca dello Stato al modo con cui la si dirigeva un secolo fa ai tempi anteriori alla rivoluzione francese. È il famoso paragrafo 14 della costituzione col quale si può soppri-