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LXXVI INTRODUZIONE
  1. 12. Lo Cerriglio ncantato;
  2. 13. Lo nore falluto;
  3. 14. Lo munno ammascarato 1.

Di queste quattordici, solo Lo Cerriglio ncantato, mediocre poema, fu stampato qualche anno dopo 2. Le altre sono tutte perdute. Ma i loro titoli bastano ad attestare la foga della produzione dialettale del Cortese.


Intorno al quale s’aggruppano varii imitatori e seguaci. L’impulso era dato, e l’esempio fu presto seguito. Il Cortese l’intitolava il Pastor Sebeto. Questo non pare che fosse titolo accademico; ma, a ogni modo, tutto fa supporre che si formasse a quel tempo come un’accademia di cultori del patrio dialetto.

Il Basile cominciò anch’esso a provarsi nello scrivere il dialetto. E fu allora che assunse il nome di Gian Alesio Abbattutis. Certamente, l’esempio e le esortazioni del suo amico Cortese, contribuirono a spingerlo in questa via. E le prime cose napoletane di lui, che si trovino alle stampe, sono una dedica burlesca A lo re de



  1. opere burleschie in Lingua napoletana di Giulio Cesare Cortese, cioè la Vaiasseide, Li travagliuse ammure, Micco Passaro nammorato, Viaggio de Parnaso, La Rosa favola dramatica, In Napoli, per Domenico di Ferrante Maccarano, 1621, ad ist. di Fabritio de Fusco. La ded. è del De Fusco al signor G. B. Velli, 15 settembre 1621. Quest’edizione, e le notizie surriferite, sono rimaste ignote a tutti quei, che hanno scritto del dialetto napoletano e del Cortese.
  2. Il Martorana ne cita un’edizione del 1628 (Notizie biogr. e bibliogr. degli scrittori del dial. nap., Nap., Chiurazzi, 1874, p. 156).