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INTRODUZIONE | LXXV |
arguzie e fioriture, che piaceva al seicento; niente v’ha di schietto, d’immediato.
Ma, invece, il suo quarto poema, il Viaggio di Parnaso, è tra le cose sue meglio riuscite. Consiste in una serie, al solito un po’ confusa e sconnessa, di confessioni autobiografiche, di sfoghi di opinioni e sentimenti suoi, e di bizzarre fantasie: e contiene pezzi molto belli.
Questi poemi, messi alle stampe dal Cortese, e la ricca produzione di lui, che girava manoscritta, fecero sorgere il gusto per le composizioni in dialetto. Nel 1621, uno dei primi editori delle opere del Cortese dice in una prefazioncella: «Perchè le opere del signor Giulio Cesare Cortese, a giuditio di tutti gli intendenti, nel genere loro sono le più rare che sino a questo tempo siano vedute; ho posto insieme tutte queste che da sua signoria mi sono state concedute; se potrò havere alcuna delle sottoscritte, che sono a penna le stamperò a commune diletto, delle signorie vostre». E, nientemeno, le opere inedite sarebbero state quattordici; cioè:
- Lo colascione;
- Lo regno de la buscia;
- Posilepo roffiano;
- La sirena npazzuta;
- Partenope shiaccata;
- La rota delli cauce;
- La Repubreca de cuccagna;
- Lo molino a biento;
- La Ciarantola;
- L’Arcadia sconquassata;
- L’ospetale de li Pazze;