Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
LXXII | INTRODUZIONE |
1608 pare che fosse a Firenze, perchè invitava (di lì?) il Basile a concorrere con qualche componimento alla raccolta da farsi per le nozze di Cosimo dei Medici con Maria Maddalena d’Austria1. Nel 1610, o poco dopo, era di nuovo a Napoli, protetto dal secondo Conte di Lemos, e poi dal fratello di lui, che restò Luogotenente del regno2. Appartenne all’accademia dei Sileni, fondata intorno al 1612, nel chiostro di S. Pietro a Maiella3. Scrisse moltissime opere in dialetto, delle quali solo alcune pubblicò per le stampe. E morì tra il 1621 e il 16274. Nè saprei aggiungere altro particolare se non questo, che riguarda il suo aspetto fisico: che era uomo di piccolissima statura5.
Il Cortese, — il Pastor sebeto, come gli piaceva intitolarsi —, si vantava d’essere poeta napoletano. «Non è possebele, — egli dice —, che quarche travo rutto non strida, e che quarche strenga rotta non se metta ndozzana, decenno: Da quanno niccà le povere Muscie so deventate de lo Lavinaro?, da quanno niccà la fontana de Puorto
- ↑ V. sopra, Cap. I.
- ↑ Viaggio di Parnaso, VII, 39.
- ↑ Cfr. Minieri Riccio, Cenno delle accad., (l. c., p. 593). Erroneamente, il Minieri Riccio mette tra gli Svegliati (accademia, che fiorì intorno al 1586) Giulio Cesare Cortese detto l’Attonito (o. c., p. 605); e doveva dire Giulio Cortese, letterato napoletano, che visse nella generazione antecedente a quella di Giulio Cesare, e pubblicò, tra le altre opere, un volume di Rime e prose (Nap., 1592).
- ↑ Il Basile parla del Cortese come già morto nelle Ode (Nap., 1627), p. 57.
- ↑ Basile, l. c.: Cortese, Viaggio di Parnaso, I, 20, 25.