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INTRODUZIONE LXXI

lo Serenissimo Granduca Ferdinando, signore assoluto de tutto lo pajese de la Toscanetate; cossì, venenno nchella corte, era non sulo amato da tutte, ma grannemente stemato da lo patrono sujo, e chesto pe le bone qualetate e vertolose azione soje, de muodo che lo chiammavano lo cuccopinto de la Corte» 1. Fu anche accademico della Crusca 2. Ma, — sempre secondo il Zito —, un amore concepito per una dama, di condizione molto alla sua superiore, fu cagione ch’egli si risolvesse ad abbandonar Firenze.

E, giacchè il Zito dice che, tornato a Napoli, per isfogo di quell’amore fiorentino sfortunato scrisse e stampò la Vajasseide, la cui prima edizione sarebbe stata del 1604, bisognerebbe conchiuderne che, nel 1604, era già tornato a Napoli 3. Tuttavia, nella ragione della partenza da Firenze a me par di fiutare un’invenzione del Zito; e la stessa data del 1604, come quella della prima edizione nella Vajasseide, non va esente da dubbii 4. Certo, nel 1606 il Cortese era a Napoli ed ebbe per un anno dal Vicerè Conte di Benavente, l’ufficio di governatore di Lagolibero o Lagonero, terra destinata, a quanto sembra, ad esser governata da poeti, perchè, come s’è visto, qualche anno dopo ne era governatore il Basile 5. Nel

  1. Coll. Porcelli, T. III; pp. 195-6.
  2. Con questo titolo apparisce innanzi al Pianto della Vergine del Basile, e innanzi al Tempio eremitano, dello Staibano (Nap., 1608).
  3. O. c., pp. 195-7, e 239.
  4. L’ediz. più antica, che se ne conosca, è quella del 1615.
  5. V. App. G. E cfr. sopra, Cap. I.