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Letteratura in dialetto napoletano — Opere dialettali del Basile.


Questa, fu, letterariamente, la vita pubblica del Basile. Ma un’altra parte della sua vita, un’altra faccia del suo carattere, restò come ignota ai suoi contemporanei. Il Basile, infatti, smetteva, talora, la sua qualità, e gravità, di poeta toscano; s’adattava un altro nome, come una maschera, quello di Gian Alesio Abbattutis; e, invece di ode e madrigali, scriveva bizzarrie in dialetto. E Gian Alesio Abbattutis, scrittore dialettale, aveva quei lampi, quella scintilla geniale, che mancavano assolutamente al suo collega, poeta toscano!

La letteratura del dialetto napoletano può dirsi che non nacque se non, appunto, ai principii del secolo XVII. Non già che non vi siano monumenti dialettali, innanzi a quel tempo. Fin dal secolo XIV, il dialetto napoletano fu messo in iscritto, in tutta la sua schiettezza, dal Boccaccio; se è autentica, come sembra, la lettera napoletana, diretta a Francesco dei Bardi, che va sotto il nome di Iannetto de Parise (Giovanni Boccaccio). E nel dialetto napoletano, benchè, veramente, in quello delle persone colte, «imbevuto da una parte del latino curiale, dall’altra del toscano» 1, furono scritti i poemetti del



  1. E. Percopo, I Bagni di Pozzuoli, Nap., Furchheim, 1887, pp. 40-3, (estr. dall’Arch. Stor. Nap., A. 1886).