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lviii introduzione

e del quale fin dal 1556 c’era una traduzione italiana, fatta da Leonardo Glinci1. Sono le traversie di una coppia di amanti, che, dopo lunghi travagli, finiscono collo sposarsi in tutta regola.

Questo romanzo ebbe molta popolarità sul principio del secolo XVII2. A Napoli stessa, nel 1627, s’era pubblicata la Carichia, tragedia di Ettore Pignatelli, accademico Ozioso, che drammatizzava la Storia Etiopica3.

Il Basile, nella sua composizione, seguiva strettamente il romanzo d’Eliodoro, anzi la traduzione del Glinci4. Ma, naturalmente, riduceva il racconto in quella forma convenzionale, nella quale s’era allora fissato, la poesia epica, il poema heroico. Cominciava:



  1. Ne ho sott’occhio l’edizione: Historie di Heliodoro delle cose ethiopiche, ecc. ecc., nuovamente tradotta dalla Lingua Greca nella Thoscana da Messer Leonardo Glinci, In Vinegia, MDCXI, presso Andrea Baba.
  2. Di ciò discorre a lungo e bene l’Imbriani, Il Gran Basile, 1. c., II, 416-23. Qui ancora, notizia sulle varie traduzioni e rifacimenti. Noto, però, che il Teagene e Cariclea del Montalbano, da lui menzionato, non è un dramma italiano, ma è il Teagenes y Clariquea (los hijos de la fortuna) del poeta spagnuolo Juan Perez de Montalvan (1602-38). Cfr. Barbera y Leirado, Catal. bibliogr. y biogr. del teatro antiguo espanol, Madrid, 1860; p. 267.
  3. Del Pignatelli, il Basile dice nel Teagene (V, 68):

    Un Ettore, splendor de la Sirena,
    Tra mill’opre, onde avrà fama immortale,
    Cariclea min, pompa d’illustre scena
    Farà fuor de l’oblio fosco e letale.

  4. L’Imbriani dà un saggio del modo come il Basile verseggia la prosa del Glinci.