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introduzione xli

Corte. E ne scriveva al fratello; e la Margherita andò difatti, e, dopo due mesi, fu dal Duca dotata e maritata1. Honny soit qui mal y pense!

Giambattista, nello stesso anno, era al governo della città di Montemarano, brutto paesello, poco lungi da Benevento, in provincia d’Avellino2. Montemarano, nei secoli XV e XVI, era appartenuto ai secoli Della Marra; ma nel 1610 era stato venduto dai creditori di Giovanni Della Marra a un Maurizio Tortello, e nel 1615 appunto, messo di nuovo in vendita e comprato da Fabrizio Guindaccio3.

Nel luglio 1615, morì a Napoli, nel convento di S. Domenico, Fra Tomaso Carafa, figlio del Marchese d’Ansi, gran predicatore e valente letterato, una delle colonne dell’Accademia degli Oziosi. Il Basile concorse alle splendide onoranze funebri, che gli si fecero, con un’ode4.

E, nei due o tre anni seguenti, egli fu occupato, non, fortunatamente, in composizioni poetiche, ma in lavori grammaticali e in fatiche d’editore. A lui si deve un’edizione delle Rime del Bembo (1616-7), e del Casa (1617),



  1. Ademollo, La bell’Adriana, pp, 210-11, e passim.
  2. Sua lettera da Montemarano, 14 Marzo 1615, al Duca di Mantova. — V. Append. D.
  3. Arch. di Stato. Spoglio dei Cedolarii: Principato ultra, 1600; ff. 239-40. Cfr, Ottavio Beltrano, Descr. del Regno di Nap., Nap., 1640, p. 106; G. B. Pacichelli, Il Regno di Nap. in prospettiva, Nap., 1703, I, 1241.
  4. Costo, Memoriale, p. 88; Ode, pp. 140 sgg. Sul Carafa, cfr. anche Ghilini, Teatro d’huom. letterati, Milano, s. a., pp. 414-5.