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jornata ii. la tenta 281

          Nè lo siente na vota pipitare,
          Sta tenta te lo muta de colore,
          Ca n’è chiammato Antuono babione1,
          Muscio2, piezzo d’anchione, mammalucco,
          Comm’a cippo de nfierno,
          Sempre friddo e jelato,
          Comme la zita, che male nce venne3;
          Tanto che pe sto gorfo
          Trammontana io non veo;
          Si parle tristo, e si non parle, è peo!
Mar. Veramente, oje lo juorno
          Non sai comme trattare,
          Non sai comme pescare,
          Non c’è strata vattuta a chi cammina;
          Viato chi a sto munno la nevina4!
Col.    Ma chi porria mai dire fi a lo rummo5.
          L’affette de sta tenta?
          Ca nce vorria mill’anne senza fallo,
          Nè vastarria na lengua de metallo!
          Facciase, che se voglia,
          Tratta comme te piace, ad ogne muodo,
          Se le cagna colore, ed è chiammato
          Lo boffone faceto,
          Che dà trattenemiento;
          Lo spione, cbe sape lo costrutte
          D’Agebilebo munno6;
          Lo forfante, ncegnuso e saracone;
          Lo pigro, ommo flemmateco;



  1. V. n. 83, p. 28.
  2. Tardo.
  3. Alla quale venne un malanno.
  4. Indovina.
  5. V. n. 1, p. 232.
  6. Il R., che è il solo che registri questa frase, dice: «Par che sia nome di qualche celebre spia». Ma mi pare che il giro della frase voglia invece che si accenni a qualche cosa di onesto e onorevole.

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