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278 lo cunto de li cunti

          E, tinto isso perzine,
          Lo chiammano quieto, ommo da bene,
          Galant’ommo, che fa lo fatto sujo,
          E se la fa co tutte,
          È co tutte cortese,
          Tene la casa aperta pe l’ammice,
          Non va co zeremonie, nè co punte,
          Buono com’a lo pane,
          Doce com’a lo mele,
          Ne fai chello, che vuoje,
          E, ntanto, senza fare
          Niente la facce rossa,
          Fa mercato de carne, e sarva l’ossa.
Mar. Chisse oje campano a grassa.
          Uno de chisse schitto
          Vede, se va de notte a la taverna,
          Pocca pe l’ossa luce la lanterna1.
Col.    N’ommo sta reterato,
          Nè pratteca co guitte e co verrille,
          Fuje le scommerziune,
          Non vo doglie de capo.
          Non volo dare cunto
          A lo tierzo, a lo quarto.
          Vive sempre quieto.
          Patrone de se stisso.
          Non ave chi lo sceta, quanno dorme,
          Nè le conta li muorze, quanno magna;
          Puro, nc’è chi lo tegne,
          E lo chiamma foriesteco e sarvaggio,
          Na merda de sproviero2.



  1. (EO) po ca, e le altre poca: che non dà nessun senso. Ho corretto pocca (poichè, perchè), e vorrebbe dire: che non ha bisogno di lume nell’andar di notte alla taverna, tanto è grasso e gli luce il pelo.
  2. Gli escrementi dello sparviero, che sono inodori; e, metaf., di un uomo che non è nè buono, nè cattivo.