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174 | lo cunto de li cunti |
nè Pesce marino ncagnalo1, nè Anola tranola, pizza fontanola2, nè Re mazziero3, nè Gatta cecata4 , nè A la lampa a la lampa5, nè Stienne mia cortina6, nè Tafaro e tamburro7,
- ↑ (ES) nè Agnelo. E crea così un altro giuoco, che dà luogo a un’erronea congettura del Liebr. (Anm., I, 404). Cfr. Lett., dove si aggiunge: «Piglia la preta e shiaccalo».
- ↑ Cfr. Lett., e V. 3, dov’è una delle frasi fatate di Betta.
- ↑ Cfr. Lett., Perillo. Il mazziere è un «serviente di magistrato, così detto dalla mazza, che porta avanti, come i littori dei Romani; ed è anche sorta di carica nelle processioni delle nostre congregazioni per lo stesso motivo» (VN).
- ↑ Cfr. Lett.; Del Tufo. Anche giuoco comunissimo, pel quale vedi, tra gli altri, Corazzini (o. c., pp. 101-2), e Pitrè (o. c., n. 100, pp. 191-4).
- ↑ Cfr. Lett. I giuocatori mettono il loro indice sotto la palma della mano d’uno di loro, e cantano: «A la lampa, a la lampa, Chi ce more e chi ce campa; A Parrocchia u Salvatore, Chi ce resta va im prigione». E chiudendosi a tratto la mano, chi resta preso «va sotto». Corazzini (o. c., pp. 108 9); e cfr. Imbriani, Le canzonette infant. pomiglian., Bol., 1877, pp. 8, 27. Si suol fare, generalmente, non come giuoco da sè, ma come principio di giuochi.
- ↑ Cfr. Lett.; Velardiniello; Del Tufo; G. II, 3. Corrottamente anche: Stienne, stienne matutina o Mast’Austino. Ecco come lo descrive il Rocco nel GBB, VII, I: «Più fanciulli si mettono in fila di lato, tenendosi l’un l’altro per mano; e, mentre il capo del giuoco dice: Stienne, stienne, mia cortina, i fanciulli distendono le braccia, il più che sia possibile, e rispondono: Aggio stennuto. Indi alla voce: Fance no nudeco, tutta la fila intera passa per sotto le braccia del primo e del secondo, rispondendo: nce l’aggio fatto; e così il secondo rimane colle braccia incrocicchiate sul petto. E, seguitando a dirsi: Fancenne n’autro, questo passaggio si ripete, finchè tutti rimangono in simile attitudine conglomerati. Ordinariamente, il giuoco termina col ruzzolare di tutti per terra».
- ↑ Cfr. Lett. e Del Tufo: «Altri in dolce susurro Stanno giocando a taffara e tamburro» (l. c.). — Tafaro, il sedere. — Cfr. Pitrè: A
nome dell’anello. Un giuocatore, con un oggetto (un sassolino, o anello che sia) chiuso tra le palme, va in giro per gli altri e fa a ciascuno l’atto di lasciarglielo in mano o nel grembo. Poi domanda a uno di loro a chi l’abbia lasciato realmente. In Sicilia questo giuoco si dice anche: a la pitrudda (Pitrè, o. c., n. 40, pp. 97-8).