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jornata i. la coppella. 169

          E se va1 spobrecanno pe no pazzo;
          Pe retrovare la materia prima,
          Perde la propria forma;
          Crede moltiprecare
          L’oro, e desmenuisce chello, ch’ave;
          Se magena sanare
          Li metalle malate,
          Ed isso se ne corre a lo spetale;
          E, ncagno de quagliare
          L’argiento vivo, azzò se spenna e vaglia,
          La stessa vita, faticanno, squaglia.
          E, mentre trasmotare
          Se pensa nnoro fino ogne metallo,
          Se trasmuta da n’ommo no cavallo!
Fab. Senza dubbio è pazzia
          A pigliare sta mpresa: io n’aggio visto
          Ciento case scasate, e poste nfunno!
          Nullo ne luce maje,
          Ma, pe granne speranza desperato,
          Ne va sempre affommato, ed affammato!.
Jac. Ma dimme; vuonne chiù pe tre caalle?
Fab. Io stongo canna aperta pe scortare.
Jac. Ed io me ne jarria per fi a la rosa!
Fab. Secuta puro mo, che stai de vena!
Jac. Si, quanno l’arma non me stesse mpizzo,
          Pocca passata è l’ora de lo mazzeco!
          Perzò, sfilammonnella,
          E viene, si te piace,
          A la poteca mia,
          Ca menarrimmo nsiemme li morfiente2:
          Non manca tozze a casa de pezziente!



  1. (EO) se ne va.
  2. Denti; e propr., gl’incisivi e i canini.

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