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introduzione xxvii.

nati fra l’inquiete turbolenze della professione militare, hanno ben di mestiere che sien dal vostro favore rasserenati....».

E, con due odi, anch’egli si va a confondere tra la turba degli ammiratori della sorella, adoprando le stesse frasi laudative degli altri, proprio come se fosse un estraneo:

Di Sebeto a le sponde
Siede Ninfa canora, le cui note
Rendon tranquille l’onde,
Dan moto ai sassi, e fan le fere immote....

Con questo volumetto, che raccoglie tutta la produzione letteraria della sua giovinezza, si chiude la prima parte della sua vita letteraria; che non fu veramente troppo gloriosa. Il contenuto di tutte queste poesie è, quasi soltanto, l’adulazione, quella cieca, stupida adulazione del tempo! E la forma è delle peggiori: sono stentati madrigali, ovvero odi in monotoni versi settenarii e endecasillabi variamente aggruppati1 tutti contesti della brutta fraseologia allora corrente, e dei più sfatati luoghi comuni2. Tuttavia, queste odi e madrigali piacquero



  1. Per es.: due settenarii e due endecasillabi alternati, e due endecasillabi; ovvero: quattro settenarii e due endecasillabi; ovvero: tre settenarii e tre endecasillabi alternati; ecc. Più raramente, la strofe è di sette, otto o dieci versi. Lo schema delle rime: abbacc, ovvero: ababcc; e, talora; ababbcc; e: ababccddee
  2. Oltre le poesie già accennate, vi sono in questo volumetto le seguenti altre d’indole storica: Tre odi; l’una per Giuseppe d’Acunto, giureconsulto, e dilettante scultore; l’altra, per Gio. Berardino Azzo-