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150 lo cunto de li cunti

          Cammina chiù de trotto, che de passo,
          E porta pe fi a l’acqua co l’arecchia.
          Ma nce perde lo tiempo,
          L’opera e la semmenza;
          Tutto è fatto a lo viento,
          Tutto è jettato a maro;
          Fa quanto vuoi, ch’è jota;
          Fa designe e modielle
          De speranze, de miereto, e de stiento,
          Ch’ogne poco de viento
          Contrario ogne fatica jetta a terra.
          A la fine, te vide puosto nante
          No boifone, na spia, no Ganemede,
          No cuojero cotecone1,
          O puro uno, che facce
          Casa a doi porte, o n’ommo co doi facce2!
Fab. Frate, me dai la vita!
          Cride, ch’aggio mezzato
          Chiù sto poco de tiempo,
          E chiù sta vota sola
          De tant’anne, che spiso aggio a la scola.
          Consurta de dottore:
          «Chi serve ncorte a lo pagliaro more».
Jac. Hai sentuto, che sia no cortesciano;
          Siente chi serve mo de vascia mano.
          Piglie no servetore,
          Bello, polito e nietto.
          Che sia de bona nfanzia.
          Fa ciento leverenzie,



  1. Villanzone, ingrato.
  2. Chi acquista favore col mozzo di sua moglie. Casa o Poteca a dote porte «per indicare, — scrive Partenio Tosco — , che, quando il marito entra per una porta, l’adultero se ne va via per l’altra» (o. c., p. 258).